Sono seduta sullo sgabello di un baretto di paglia, al lato della strada che porta da Jaipur ad Ajmer, bevo un tè caldo e sento che da una radio esce gracchiante una voce impostata, come quelle del Festival di Sanremo degli anni Cinquanta, che canta in Spagnolo “Que serà de mi vida, Que serà?”. Mi ricordo che da piccola questa canzone la cantava, in italiano e in maniera un pò meno ridicola, mia mamma mentre stirava.
Se sei italiano o italiana, Jaipur è a questo che ti fa pensare: monumenti antichi e vestiti appesi ad asciugare, turisti e vecchietti seduti al bar. Qua i vecchietti sono più colorati e portano un turbante, le signore che fanno la spesa la fanno in sari e profumano di gelsomino e sudore, ma l’essenza, quella della vita intrappolata tra il futuro e il passato, tra i mac book pro e la stampa dei tessuti fatta con le matrici intagliate a mano, è la stessa.
Credo che l’India in generale, ma Jaipur in particolare, la possano capire gli italiani meglio di altri proprio perchè le nostre due culture, così distanti e così diverse, qui trovano dei punti comuni.
So che in un blog di viaggi dovrei scrivere di cosa vedere, dove dormire e dove mangiare, ma quello che mi è rimasto impresso del Rajastan è la sua essenza, non brutale e grandiosa come quella di Bombay, non delicata e rurale come quella del Kerala.
Posti da vedere, va da sé, ce ne sono a centinaia. A Jaipur, con 350 Rupie (circa 5 euro) si può acquistare un biglietto cumulativo per cinque diversi musei: il Palazzo d’Ambra, l’Albert Hall, il Nahargarh, l’Hawamahal e il Jantar Mantar.
Il Palazzo d’Ambra, è a circa mezz’ora dal centro di Jaipur ma per arrivarsi si attraversa una valle molto bella e, nella stagione delle piogge, molto verde.
Dalla base si può salire a piedi o a dorso d’elefante, la salita non è faticosa e facendola a piedi si assapora meglio il contesto, mozzafiato. Le colline attigue sono orlate da palazzi e mura antiche e la cosa particolarmente bella di questo posto è che la maggior parte dei turisti sono indiani. Fa una certa impressione vedere un palazzo antico popolato di persone simili, per fattezze e abbigliamento, a chi ci ha abitato.
Compreso nel biglietto c’è l’ingresso al planetario, il Jantar-Mantar, per un europeo è abbastanza neutro: non ci sono telescopi, non ci sono sfere celesti, quello che c’è invece è quello che non ti aspetti. In Asia la lettura degli astri è un culto che è stato perfezionato mediante l’uso della scienza, proprio qui sono raccolti tutti gli strumenti di misurazione utilizzati per lo studio delle stelle.
La cosa impressionante di questo posto grande come diversi campi da calcio è che ogni strumento è costruito in pietra e grande come una stanza. Scale graduate, simboli dello zodiaco, meridiane, tutto quello che c’è qui ha una precisione millimetrica pur vivendo esposto al sole, al caldo e alla pioggia torrenziale. Io non sono un’appassionata ma questa scientificità ruvida, di studio si, ma anche di quotidianità, mi ha fatto capire molte cose. Anche qua i giornali sono tempestati di annunci di astrologi e maghi, ma questo posto ti riporta all’origine, ti sembra quasi di vedere le stesse stelle di quello che ha inventato la meridiana.
Oltre a questi due posti consiglio vivamente di fare un giro nella città vecchia –Pink city – alla quale si ha accesso attraverso porte maestose e che nascondono mille meraviglie: spezie, tessuti, chincaglieria, scimmie e la imponente casa del vento, l’Hawamahal. Tutto si mescola e si colora in questa città di fiaba, così indiana e così diversa dall’India rumorosa e caotica a cui siamo abituati.
Jaipur è certamente una città da visitare, sia se pianificate un viaggio dall’Italia sia se siete già in India e dopo treni, sveglie all’alba e thali volete una vera vacanza.
Posso consigliare più che caldamente un hotel, il Meghniwas Hotel che con le sue stanze clinicamente pulite e finemente decorate offre un servizio impeccabile ad un prezzo conveniente (da 1000 a 3500 rupie, un buon investimento dopo una giornata di cammino, polvere e rumore fa molto piacere tornare in un posto così) e un tassista, Ali (0091-9829119876) che può portarvi in giro con il suo caratteristico rickshaw giallo e verde o mettervi a disposizione una macchina con autista.
Il prezzo per una giornata di rickshaw è di 1000 Rupie (circa 15 Euro), a seconda di cosa decidete di fare potrebbe risultare più costoso di altri ma lui è molto gentile, parla bene inglese, la sua giornata inizia la mattina e finisce la sera anche tardi quindi, tutto sommato, conviene più che contrattare ogni volta un nuovo rickshaw!
Semplicemente meravigliosa l’esposizione delle caratteristiche di questa città… Non resta che fissare la data per una prossima partenza… 🙂
Ciao, grazie per questo articolo. Pensavo di togliere Jaipur dal mio itinerario del Rajasthan, ma dopo questo articolo non ne sono piu tanto sicura 😀
Bellissimo articolo, per un attimo, leggendolo mi sembrava di essere lì con te. Grazie mille 🙂
Martina effettivamente ti confermo che togliere Jaipur sarebbe un gran peccato anche se dipende dal tempo che hai per visitare il Rajastan e soprattutto se salvi Jaipur, a discapito di cosa? In rajastan, come ti muovi, rischi di saltare qualcosa di meraviglioso 🙂