Conservare per progredire: una giornata con gli Himba

L’Africa non è solo grandi spazi, animali e savana. C’è un’Africa altrettanto affascinante, benché sicuramente più carica di discordanze: parlo dell’Africa degli africani.

Terra di grandi contrasti dove a tanta ricchezza naturale spesso corrisponde un’estrema povertà delle popolazioni che la vivono, questo continente ospita 800 mila persona, all’incirca il 13% della popolazione mondiale, ma in essa viene prodotto solo il 2% della ricchezza mondiale. Gli africani sono portatori di tradizioni, culture e abilità molto ricche e molto differenziate tra di loro. Troppo spesso però le grandi risorse naturali e le guerre religiose ed etniche sono state causa di conflitti che hanno portato questa popolazione ad impoverirsi ulteriormente.

Nel mio viaggio in Africa australe con Avventure nel Mondo ho avuto la possibilità di conoscere più da vicino una particolare popolazione africana, più precisamente namibiana: gli Himba. Gruppo tribale composto da non più di 50.000 persone, sottogruppo degli Herero, gli Himba sono una popolazione seminomade dedita per lo più alla pastorizia. Come molte altre popolazioni africane, anche gli Himba, oltre alle capre e alle pecore, allevano anche altri tipi di bestiame.

Geograficamente li si può collocare nel nord ovest della Namibia, in quei territori considerati tra i più estremi del mondo, al confine con l’Angola. Proprio nel loro isolamento geografico si trova la ragione per cui questa etnia ha mantenuto intatti tradizioni e costumi. Infatti, a differenza dei fratelli Herero, essi non hanno subito l’influenza della colonizzazione europea.

Villaggio Himba, Namibia

Importanza del bestiame per gli Himba

Al momento della nostra visita ad uno dei loro villaggi gli uomini non erano presenti poiché si trattava del periodo dell’anno in cui portano il bestiame a pascolare in zone meno aride. Si assentano per mesi e sono le donne a badare ai bambini, alle case e alla sussistenza di tutti i giorni.

I villaggi, abitati soltanto da qualche decina di persone, sono composti da “kraal”, ovvero capanne di forma circolare, entro cui si svolge la vita. Esse sono costruite con rami di mopane o di acacia e fango e ricoperte con un impasto di argilla e sterco bovino.

Tipica capanna Himba

Il tratto che più colpisce chiunque abbia la possibilità di visitare questa popolazione è senza dubbio il costume femminile. Quando infatti dicevo che gli Himba, rifuggendo i tentativi dei colonizzatori e dei missionari di occidentalizzare usi e costumi, sono riusciti a mantenere tradizioni ancestrali, parlavo proprio di aspetti come questo. Le donne Himba non coprono il proprio seno, nemmeno quando hanno la necessità di raggiungere centri abitati più grandi come per esempio Opuwo.

Il loro delizioso e inconfondibile abbigliamento tradizionale è composto da un gonnellino corto formato da più strati sovrapposti di pelle di capra tenuto in vita da cinture che si differenziano in relazione all’età e allo stato civile : cinture e bracciali bianchi sono il segno che la donna non è ancora sposata, la cintura di metallo e i bracciali di cuoio indicano le donne sposate.Molto caratteristiche anche le cavigliere composte da tondini di acciaio e lacci di cuoio che vengono alzate man mano che la donna ha più figli. Ciò che però è totalmente fuori dal comune è il modo in cui queste donne si prendono cura del proprio corpo. Partiamo da una doverosa premessa: le donne Himba non si lavano, mai. E questo, inutile dirlo, lascia sicuramente un po’ sconvolti, soprattutto quando poi si viene a sapere che gli uomini invece lo fanno. La cosa però ancora più strana è che, anche chiusi con loro in un ambiente molto piccolo quale è una capanna, non si sente alcun cattivo odore. Questo è dovuto principalmente al composto che queste donne si cospargono più volte al giorno sul corpo, viso e capelli, realizzato con ocra, grasso animale e erbe aromatiche. Questa sorta di “crema di bellezza”, oltre a conferire loro un tratto molto distintivo, serve per proteggere la loro pelle dal sole, dal freddo e dalla puntura di insetti. Inoltre sicuramente le agevola nel creare le laboriose acconciature, anch’esse diverse a seconda dello stato sociale.

giovane donna himba

donna himba prepara il mercatino

La guida che ci ha accompagnati in questa visita ci ha spiegato che gli uomini invece vestono quasi tutti all’occidentale, o meglio, sopra il gonnellino indossano una semplice maglietta.

Uomini Himba

Nelle acconciature anche loro però mantengono caratteristiche molto particolari, legate fortemente alla tradizione. I bambini infatti portano treccine che vengono intrise di sterco e urina fino all’età di 10 anni, e solo superata quest’età vengono rasati ai lati lasciando una sorta di cresta da cui parte un codino che infilano dentro un cappellino.

bambino himba2

bambino himba

C’è un rito degli Himba che, tra i diversi che ci sono stati raccontati, mi ha colpita: durante l’adolescenza i due incisivi inferiori vengono asportati utilizzando un pezzo di legno, colpito a sua volta con una pietra, mentre quelli superiori vengono limati per praticare un’apertura a forma di V.

Nonostante questa pratica non sembri essere più obbligatoria, la maggior parte dei componenti di questo gruppo etnico decide volontariamente di sottoporsi a questo rito come segno di fedeltà alla tradizione. Ciò che questa popolazione trasmette è una sorta di volontà di cambiamento attraverso la continuità, o meglio ciò che dagli antropologi sarebbe definito un «conservatorismo attivo».  La loro risposta alla modernità sembra essere quella di rimanere ancorati alle tradizioni.

Non ho parlato delle emozioni che mi ha suscitato questa visita perché forse, ancora oggi, sento sentimenti molto contrastanti smuoversi dentro di me e non riesco a mettere a fuoco cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Intendo dire: è giusto che l’industria del turismo, sempre più in espansione in queste zone, abbia trasformato gli Himba in una sorta di icone?

bamoboline himba per turisti

Il fatto di trovarsi per le strade di Opuwo e, scattando una foto a delle donne Himba che passeggiano per le vie del mercato, si venga immediatamente assaliti dalle stesse che, con mani tese e visi irrigiditi, pretendono un compenso per la foto appena scattata, è davvero il normale corso delle cose?

La commercializzazione turistica di questa tribù delle remote terre della Namibia non farà si che essa gradualmente si allontani dal proprio stile di vita e dalle proprie tradizioni? O forse i dubbi sopra riportati sono frutto di una mentalità occidentale, anche un po’ egoista, tanto affezionata all’idea di sapere che esistono ancora popolazioni che vivono di usi e costumi per essa ancestrali, da volere e pretendere che essi rimangano tali nei tempi e non subiscano nessun tipo di cambiamento al fine di mantenere il loro fascino?

Come si può notare ho tante domande, ma ancora nessuna risposta. Tutto ciò che so è che l’esperienza di trovarsi per un giorno faccia a faccia con gli Himba è stata intensa. Tanto basta per me per dargli un senso.

 

 

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Vive a Torino, città che ama profondamente, e dove si occupo di advertising. Ma nonostante questo amore per la sua città sente l'esigenza di scappare lontano da lei per scoprire altri nuovi splendidi luoghi. Crede profondamente che viaggiare sia una forma d'arte e che più il viaggiatore sviluppa curiosità, fantasia e originalità, più saprà creare itinerari di viaggio meravigliosi.

11 Commenti

  1. Il fascino delle tue descrizioni e riflessioni in questo post è davvero notevole. Ci hai aperto la mente con le tue domande e reso partecipi di situazioni a noi sconosciute. Grazie davvero.

  2. Grazie ragazzi! Ci ho messo un po’ di tempo per raccogliere le idee e scrivere questo post. L’importante è comunque che questa esperienza di viaggio mi abbia arricchita, come del resto capita sempre viaggiando…si cresce sempre un po’!

  3. Credo che quando si viaggia al di fuori di luoghi ordinari, un viaggiatore certe domande se le deve fare, o sarebbe un semplice turista.
    Credo che il viaggiare in questi luoghi, e lo spargere la voce, porti ad una sensibilizzazione sugli argomenti della povertà, usi, costumi, territorio e del diverso modo di vivere, non penso sia un male se si viaggia nel rispetto di queste persone.
    Senza il viaggio, nessuno saprebbe della loro esistenza, lo stesso vale per la natura selvaggia ed i territori incontaminati.
    Un simbolo di speranza e di resistenza viene da queste tribù che non si sono mai fatte coinvolgere ed influenzare da popolazioni straniere.
    Interessantissimo articolo.

  4. E’ sempre molto emozionante leggere queste esperienze.. le tue sensazioni contrastanti si percepiscono, e sono anche normali in questi paesi dove appunto gli opposti ed i contrasti sono continui. Viaggiare permette sempre di riflettere su qualcosa, su aspetti che non consideriamo così da vicino. Un viaggio emozionante il tuo, come solo l’Africa può essere..

  5. Lucia, sono contenta che le sensazioni contrastanti siano emerse perché è stato proprio così, mi sentivo combattuta. Li osservavo e riflettevo molto su quello che stavo vedendo. Concordo sul fatto che un viaggio in Africa regali emozioni a non finire e non vedo l’ora di tornarci.

  6. Dev’essere stato davvero emozionante approcciarsi ad un popolo così diverso. L’Africa custodisce tesori e tradizioni incredibili e tu in questo articolo le hai raccontate in modo impeccabile. Grazie Elena!

  7. Grazie a te Farah! Come ho scritto, le emozioni sono state contrastanti, ma l’intensità è stata tanta e, siccome in viaggio amo vivere situazioni intense, non posso che dirti che ho amato questa esperienza.

  8. Grazie Michele, quello che hai scritto, detto da uno dei più grandi viaggiatori che io conosca, non può fare altro che farmi un immenso piacere e inorgoglirmi.

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