Le informazioni che avevo sulla città teutonica raccontavano di una brulicante metropoli di nuova costruzione, che poco aveva a che fare con il suo recente, triste passato. Un luogo dove la frenesia della vita moderna trovava pace in un caffè o in un pub. Posti dove fermarsi a scaldarsi con un vin brulè o un calice di birra.
Prenotai una camera per due, zona Spittelmarkt, come la fermata di metro U2, in un limbo tra i fulcri cittadini di Alexander Platz e Potsdamer Platz, appena sotto l’isola dei musei. Da qui la mia fidanzata ed io abbiamo girato per gli edifici dei vari premi Pritzker (l’equivalente del Nobel in campo architettonico).
Come nella Parigi di Haussmann, avevamo alcuni riferimenti visibili da tutta la città: la Tv Tower ad Alexander Platz e la Bahn Tower a Potsdamer Platz.
Imboccammo la strada per la seconda. Appena arrivati avremo desiderato altri cinque o sei occhi per osservare estasiati l’ambiente circostante. Renzo Piano, Helmut Jahn, Richard Rogers, Arata Isozaki, Rafael Moreno fanno capolino con i loro grattacieli e spazi collettivi in quello che mi piace chiamare “un grande parco giochi per gli architetti” e cosa accade se si gira l’angolo? Zac! Spuntano pure la filarmonica di Hans Schauron e la galleria di Mies Van Der Rohe. Cos’altro si può desiderare? Un caffè dove sedersi e prendere un latte al caramello con un waffle? Fatto anche questo, al Balzac Coffee, in un edificio di Giorgio Grassi.
La regola di base è assaggiare i cibi locali e lo street food per eccellenza è il currywurst. Il nome racchiude in sé tutto, fugando ogni dubbio, ma anche i bretzel sono un ottimo spuntino. Rilassandosi invece nelle trattorie, serviti da camerieri in abito folcloristico, è d’obbligo assaggiare le zuppe che hanno anche la valenza di scaldare dall’interno. Per esagerare, basta fare una tappa all’HB, dove il piatto forte è lo stinco di maiale.
Saltando da un bus all’altro (le linee 100 e 200 sono quelle che fanno un percorso più turistico) e qualche linea di metro arrivammo allo Zoo, dove si può ammirare la Gedächtniskirche e gli interventi di restauro, che hanno apposto quelli che vengono chiamati “il rossetto e il portacipria”, ossia un nuovo campanile e la chiesa.
Ci sono altri edifici a Berlino che meritano attenzione, una giornata la spendemmo per girovagare tra l’isola dei musei, l’ Altare di Pergamo vale da solo il prezzo del biglietto ma, con la carta dei musei, non contenti, abbiamo potuto anche vedere il busto colorato di Nefertiti e l’Altes Museum di Shinckle, squisito esempio di neoclassico tedesco. Nei giorni seguenti, è toccato invece all’archivio del Bauhaus dove è evidente lo zampino di Walter Gropius. Degno di ammirazione è il museo ebraico di Libeskind, a mio avviso la sua opera migliore, dove i visitatori sono invitati a toccare i più disparati tipi di pannelli interattivi ed interagire con i contenuti esposti. Anche la Topografia del Terrore valeva bene una visita e, già che eravamo da quelle parti, siamo passati da checkpoint Charlie e il plesso residenziale disegnato da Aldo Rossi.
Altre camminate ci hanno portato dentro il Museo della Tecnica, dove solo con le locomotive spendemmo buona parte del tempo dedicato a quel giro. Pareva di sentire il tremito di una fermata ferroviaria, con le genti che vanno e vengono, con i loro bagagli di sogni e storie da raccontare. Oppure dinnanzi al Reichstag, con il cupolone squisitamente moderno in acciaio e vetro, opera di Norman Foster, che si affaccia su un grande prato.
Per concludere il giro di curiosità architettoniche abbiamo preso un bus fino a Schlesisches Tor, dove il Bonjour Tristesse di Alvaro Siza, fa capolino con la sua facciata curvilinea e diverse file di finestre
Come in ogni viaggio, c’era un taccuino a farmi compagnia per aiutare la memoria in futuro a ricordare il soggiorno berlinese.