Senza un raggio di sole. Capita ad alcuni borghi delle Alpi, quando l’ombra dell’inverno s’allunga su di loro, di non essere baciati, anche per diversi mesi, dalla stella più vicina al nostro pianeta. Capita a Viganella, nel cuore della Valle Antrona in Piemonte (a qualche chilometro dalla Svizzera), paesino di poco più di duecento abitanti balzato all’onore delle cronache (non solo italiane), nel 2006, per aver installato sulla montagna che sovrasta le abitazioni uno specchio solare per ovviare all’antico problema dell’assenza degli amati raggi (“oscurati” delle cime circostanti), da novembre a febbraio.
Soluzione tanto interessante (il sole viene mantenuto in piazza dalle 9 alle 15 circa) che amministratori del paese e progettisti, a settembre 2013, hanno ottenuto dalla comunità internazionale della scienza e della tecnologia, pure una nomination per il “World technology award” di New York. Non solo, Rjukan, paese norvegese di 3.500 abitanti (a 180 chilometri da Oslo) oscurato da una conformazione montuosa, l’ha imitato realizzando un impianto analogo inaugurato il 31 ottobre 2013.
Ma capita anche a Penia, in Val di Fassa (di cultura e lingua ladina), la propaggine più nordorientale del Trentino. Tra questo pugno di case, ai piedi della Marmolada (3342 m), non si è ancora ricorsi a trovate tecnologiche. Qui il sole si attende come una volta, con pazienza, da fine ottobre a metà febbraio. Tanto più che lontani dagli “inverni da castigo” di un tempo – così come li racconta Mauro Corona nel suo romanzo “Storia di Neve” (2008), quando una spessa coltre bianca isolava le piccole comunità in quota e le stufe a legna, accese giorno e notte, smorzavano il freddo solo nella stube (soggiorno) delle case di montagna – oggi negli appartamenti ben riscaldati, resi ancor più accoglienti da caminetti e “musces” (così si chiamano in ladino le stufe a ole) si fa, semplicemente, il conto alla rovescia. Tenendo presente che basta spostarsi nelle minuscole frazioni del paese (qualche centinaio di metri più in su, ma neve e ghiaccio possono rendere l’ascesa un po’ complicata) o di un paio di chilometri, per raggiungere Alba e Canazei e lasciarsi abbracciare dai raggi, seppur pochi, dei mesi freddi. E di questa assenza del sole, a Penia c’è testimonianza anche ne “La sia”, l’antica segheria veneziana, sezione staccata sul territorio del Museo Ladino – Majon di Fascegn che ha sede a Sèn Jan di Vigo di Fassa. La segheria idraulica, risalente alla fine del XVI secolo (restaurata nel 1929 e, poi, anche nella seconda metà degli anni Ottanta), è tuttora attiva per le esigenze degli abitanti del paese e visitabile durante l’estate. In questi mesi, specie quando la neve è abbondante, la segheria resta chiusa, circondata (quasi protetta) dal manto bianco. Ma chi vi entra da giugno a settembre può vedere dipinti, di colore celeste, sulle assi lignee della struttura i giorni esatti della scomparsa del sole: 26 ottobre – 17 febbraio. Un periodo che, seppur freddo, dona al paese un fascino speciale.
In un’atmosfera eterea (che rende spesso difficile distinguere l’ora del giorno) ci si può aggirare tra viuzze strette, alla scoperta delle case antiche, come “Cèsa Dovolavilla” con il suo storico forno per il pane (visibile dall’esterno), i “tobiè” (fienili), i “festii” (fontane), la chiesetta dedicata ai Santi Rocco e Sebastiano (consacrata nel 1562 e restaurata nel 1998), che sorge sul Col dell’Agnol, i punti panoramici che permettono di ammirare incantevoli scorci sulle cime dolomitiche, dal Gran Vernel al Colac, e la valle.