Sono le 8.30 del mattino quando scendiamo dal traghetto a Porto Torres. Nonostante qualche nuvola, la luce è splendida e fare colazione in una delle tante spiagge che si aprono sulla strada verso Castelsardo è il modo migliore per iniziare la minivacanza, che ci porterà un po’ random in giro per l’amata Sardegna.
Abbarbicato sulla roccia, Castelsardo sembra sospeso nel tempo. In movimento per i festeggiamenti della Pasqua, molto sentiti forse anche per l’influenza degli Spagnoli, il borgo ci saluta dall’alto della rocca, divenuta in parte museo dell’intreccio. Perdersi per i vicoletti che ci portano al castello è molto piacevole, sia per l’aria tiepida sia per l’attesa della vista che molto probabilmente ci si aprirà dalla sommità e che in effetti non delude. Gli scorci caratteristici sono molti e ciascuno apre un link di posti già conosciuti e amati. Severamente posta a guardiana dell’altura è la Cattedrale di Sant’Antonio, costruita nel XVII secolo, la cui peculiarità è la cupola colorata realizzata in maiolica. E’ facile immaginare una festa rumorosa nel prato sottostante a picco sul mare e nella mia immaginazione questo luogo diventa immediatamente cinematografico.
Allontanandoci da Castelsardo puntiamo verso Capo Testa, dove ci imbattiamo nel Sea Lounge, per fare il nostro pranzetto di Pasqua: fantastico! Pochi tavolini che danno sulle caratteristiche rocce chiare e arrotondate del luogo, questo baretto è la dimostrazione che per essere turistici non è necessario servire focacce surgelate ascoltando Radio Italia. Di fatto Capo Testa è collegata alla terraferma tramite uno stretto istmo e in giornate serene come questa sembra di poter toccare la Corsica, mentre si passeggia tra le rocce granitiche bianche erose dal vento in un paesaggio lunare. Di fronte si vedono le Bocche di Bonifacio e non resisto alla tentazione di giocare a riconoscere nei grandi massi bianchi la forma di qualche animale.
La Gallura in generale è meravigliosa e così ripartiamo alla volta di Olbia, attraversando Santa Teresa di Gallura, Palau e Arzachena, località che fuori stagione ritrovano un fascino tutto particolare. Olbia stessa, senza le bancarelle estive e il profumo di crema abbronzante nelle narici, ha tutto un altro sapore. Camminando per il centro, in piazza Regina Margherita ci imbattiamo in un posticino che attira immediatamente la nostra attenzione. Si tratta di un’enoteca il cui ingresso è una sorta di galleria/vetrina, dove ogni bottiglia trova una valorizzazione particolare in nicchie scavate nel muro. Luci basse, ambiente sul giallo… non possiamo fare a meno di entrare! E’ l’enoteca del Consorzio del Vermentino di Gallura, unica docg del luogo. Il ragazzo al piccolo bancone ci spiega che il posto è aperto da una settimana e ci illustra la filosofia del locale: qui si può degustare, fare aperitivo, acquistare le etichette preferite. Assaggiamo tre diversi Vermentini e rimaniamo incantati dal millesimato di Surrau, così usciamo con un souvenir…
2^ gg
Cercando di fuggire da un nuvolone carico di pioggia e alla ricerca di un’insalatona di Pasquetta, magari sulla spiaggia, partiamo alla volta della Costa Smeralda, sicuri di imbatterci in qualcosa di differente dall’immaginario estivo cui i media ci hanno abituato. Nella deserta Porto Rotondo l’agognata insalata e un’Ichnusa fresca ci cullano nella solitudine e nel silenzio della natura che si riprende i suoi luoghi. E poi Porto Cervo, svutotata di yacht e di gente di dubbio gusto, con buona parte delle boutique chiuse e vuote è un’emozione che risvela l’autentica bellezza del luogo e capisco come mai sia diventata una meta tanto popolare. Da qui facciamo un salto alla Chiesetta Stella Maris, sopra il porto, la cui facciata è una delle più belle tra quelle mai viste per la morbidezza delle forme proporzionate e il candore dei muri. La serenità e l’energia positiva di questo ruolo ci spingono a fare un voto (noi, non praticanti… chissà…).
Al ritorno deviazione a San Pantaleo, un caratteristico paesino incastonato tra le montagne, un incrocio di piccoli vicoli dove si susseguono botteghe di artigiani e artisti. Immagino che d’estate il fascino di San Pantaleo sia anche superiore, visto che oggi molte attività sono chiuse, a parte un paio di gallerie d’arte. Qui dovrebbero girare un film, quelli alla Rocco Papaleo, per raccontare il fascino un po’ shabby chic di questi vicoli e delle case.
Via di lì raggiungiamo una vetta che è il “tetto” della costa: Nostra Signora de su Monte. Molte curve per salire, con un sinistro cartello all’entrata che dice “Chiuso dal tramonto all’alba”, ci avviamo tra la macchia mediterranea, convinti di non trovare nessuno nel tragitto. In realtà qualche macchina la incrociamo, ma lo spiazzo che ci si apre sulla cima fa sparire ogni altra forma di vita: la vista sulla Tavolara è immensa e da qui possiamo distinguere nettamente il contorno della costa che da Golfo Aranci arriva alla Costa Smeralda.
E’ un quadro meraviglioso che nessuna foto riesce a eguagliare.
3^gg
In viaggio verso Cagliari attraverso km di paesaggio vario, tante pecore e verde ovunque. La colonna sonora on the road è allegra e azzeccata (una delle mie fissazioni: fare una playlist per ogni viaggio). Cagliari è una città portuale affascinante, anche se le vibrazioni sono controverse. Restiamo allibiti di fronte allo scempio del Bastione di Saint Remy, nel cuore della città vecchia, uno dei simboli del capoluogo, letteralmente imbrattato di primitive dichiarazioni d’amore scritte con lo spray… La struttura è imponente e di stile classicheggiante; le colonne bianche e giallo in calcare sono adornate con capitelli in stile corinzio; la scalinata a doppia rampa e l’arco di trionfo sono state fedelmente ricostruite dopo i danni dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Al di là dei segni di inciviltà che fanno male al cuore, vale la pena arrivarci per avere una panoramica estesa della città dall’alto. Vi si accede dai vicoli intricati della città vecchia, con tutto il fascino del caso: rumori che escono dalle finestre, panni colorati stesi quasi a bandiere di contrade, profumi di cucina tanto che viene voglia di bussare per farsi invitare…
Non c’è per me modo migliore di visitare una città per la prima volta che camminare a zonzo fino a imbattersi in qualcosa che catturi la mia attenzione. E così, cammina cammina, ci troviamo davanti al Santuario di Bonaria, costruito sul nucleo dell’antica chiesa dopo che una cassa contenente una statua della Madonna e del Bambino approdò misteriosamente sulla spiaggia davanti alla collina di Bonaria nel 1370, in seguito ad una violenta tempesta che colse in mare una nave spagnola. I marinai si salvarono e da allora in segno di devozione questo simulacro viene custodito nel Santuario. A fianco un parco pubblico su più livelli molto carino.
La cena è notevole: consigliati da un amico che spesso transita da Cagliari, andiamo da Luigi Pomata, nei pressi del porto. Ambiente sobrio e cibo ottimo, tradizione interpretata con originalità, a partire dall’insalata di mare grigliata, leggera e squisita e dalla fregola alle vongole. Ma il piatto forte è la tartare di tonno su un letto di burrata fresca… sublime! Da ricordare anche il Vermentino Taerra, molto aromatico e piacevole. Come si può intuire, mangiare e bere sono ingredienti fondamentali di ogni nostro viaggio…
4^gg
Colazione ricca al B&B Almea, trovato grazie alle indicazioni di Tripadvisor, di cui da tempo non possiamo fare a meno. Ogni tanto si sentono polemiche sull’autenticità di questo portale, ma sinceramente non condivido: basta trovare i criteri di ricerca giusti e tenere d’occhio i recensori con molti contributi, che dimostrano di avere in comune con noi qualcosa e non affidarsi alle prime recensioni lette. E infatti difficilmente rimango delusa dai consigli di Tripadvisor. Comunque, dicevo di questo b&b… è al sesto piano di un appartamento signorile, è gestito da due sorelle molto disponibili ed è curato, sia nella pulizia sia nell’arredamento, un po’ etnico un po’ classico. Ciò che apprezzo maggiormente è la colazione, servita su una tavola apparecchiata con molta cura e in comunione con gli altri ospiti della struttura. Nel nostro caso, prendiamo il caffè con una coppia sui 55 anni, torinesi, che penso potremmo essere noi tra vent’anni: amano viaggiare e non appena hanno due soldi e qualche giorno di vacanza scappano, curiosi di vedere, capire, sapere. Approfittiamo della loro gentilezza per strappare qualche consiglio sul nostro prossimo viaggio negli States e in particolare sulla East coast, che dimostrano di conoscere molto bene e, per le troppe chiacchiere, partiamo con abbondante ritardo sui programmi (poco male, non rispettiamo mai una tabella di marcia che sia una…).
Raggiungiamo il sito archeologico di Nora, antico insediamento fenicio, punico e romano, dove ammiriamo i resti delle terme e di un teatro ancora ben tenuto sullo sfondo del mare. Le due giovani guide sono brave e riescono a farci percepire la vita quotidiana del tempo, nonostante le sterili polemiche di un altro visitatore sulle modalità con cui sono stati eseguiti i restauri… Suggestiva anche la visita alla torre spagnola del Coltellazzo: il mare è luccicante e il sole scalda, nonostante l’aria sia fresca, la condizione migliore per visitare un luogo come questo. Su consiglio di una delle due guide, pranziamo a Pula, in un baretto nella piazza principale, dove ci sembra che il tempo si sia fermato: avete presente quando si perde la cognizione del tempo… siamo in vacanza? Che giorno è? Amo osservare le persone che vivono nei luoghi in cui io mi trovo in vacanza, mi fa fantasticare su come scorra la vita quotidiana lontano da casa mia.
Nel pomeriggio ci dirigiamo verso Sant’Antioco, penisola collegata alla terraferma, il Sulcis, attraverso un istmo. Per arrivarci attraversiamo canyon infiniti, tutti curve e boschi, quasi un paesaggio alla Shining… un’altra Sardegna ancora!
Decidiamo di prendere il traghetto e passare la notte sull’Isola di San Pietro, che dista da Sant’Antioco una mezz’ora di navigazione. E’ un’isola di origine vulcanica caratterizzata da coste alte e rocciose e da un mare cristallino. L’unico centro abitato è Carloforte, fondato durante il regno di Carlo Emanuele III da una colonia di pescatori liguri provenienti da Tabarka, un’isola al largo della Tunisia. Avvertiamo immediatamente la contaminazione Sardi – Liguri: fin dal lungomare, dove i profili delle case ricordano decisamente paesi come Santa Margherita e ancora di più sentendo parlare gli abitanti nella loro particolare inflessione. A Carloforte vivono solo 6.000 persone e passeggiando per gli stretti carrugi del centro storico, vista la fiumana di persone che s’incontrano, si ha la netta sensazione che tutti si siano riversati nella raccolta piazza principale. Grazie alla solita app troviamo un hotel molto particolare, il Villa Pampini, tre stelle ma solo sulla carta. E’ una piccola struttura abbarbicata tra le stradine del centro storico, sobrio nel combinare aspetti della tradizione architettonica locale, come i cementini, a elementi di design e arte contemporanea, come i quadri, tutti di argomento marinaresco, ma con un tocco di inaspettato che spinge a guardarli. I vivaci rosmarini all’ingresso, il profumo di pulito e i colori tenuti ne fanno un posto accogliente. Dalla finestra della nostra camera, luminosa e curata, una vista di quelle che piacciono a me: antichi tetti, antenne della tv storte, terrazzi invasi dalla vegetazione e, in fondo, il mare.
Per la cena ci facciamo consigliare dal personale dell’hotel che ci prenota un tavolo al Galaia. Ottima scelta: ci mangiamo un fenomenale pasticcio di pasta alla carlofortina: tonno, pesto e pomodoro. L’ambiente è marino, a iniziare dalle imposte azzurre aperte sull’interno. Questo mix di Liguria e Sardegna mi soddisfa parecchio.
5^gg
La colazione che ci aspetta è squisita: torte e biscotti fatti in casa e, per chi preferisce il salato, focaccia ligure. Peccato che la temperatura non sia adatta alla terrazza che domina i tetti dei vicoli, contornata da ortensie in fiore. Prima di imbarcarsi per tornare nel Sulcis, facciamo un giro per l’isola e raggiungiamo in particolare la spiaggia delle Colonne. Sarà che sono le nove del mattino e non c’è in giro un’anima per la stradina che conduce a questo luogo, ma il panorama che ci sia apre è mozzafiato: dal mare argentato svettano le famose colonne di pietra vulcanica. Una leggenda vuole che fossero dei marinai pietrificati per punizione, mentre un’altra racconta di mostri che San Pietro, protettore dell’isola, avrebbe trasformato in roccia per proteggere gli abitanti. La macchia mediterranea intorno a noi è fiorita e sprigiona il suo profumo intenso, mentre ci lasciamo cullare dai numerosi versi di uccelli che non sappiamo riconoscere, anche se ho letto che in questo luogo vi è un’oasi della Lipu per la salvaguardia del Falco della Regina. Il paesaggio è un incanto, metafora concreta di pace e serenità.
Tornati sulla terraferma, iniziamo il lungo viaggio nell’interno in direzione Olbia per l’imbarco della sera. Oggi il sole è molto caldo e non possiamo resistere alla tentazione di un pranzetto tardo sulla spiaggia di Budoni. Tanta sabbia e poche persone, un’altra prospettiva ancora sulla Tavolara. Parafrasando una pubblicità, mangiare spaghetti con le arselle con i piedi nella sabbia e un bicchiere di vermentino fresco non ha prezzo!
La nostra vacanza è ormai finita, ma non possiamo partire senza aver fatto il pieno di pecorino, mirto e guttiau, le nostre madeleine evocatrici di serenità nei momenti no.