«Le petit lac d’Iseo n’a rien de grandiose dans son aspect et ses abordes sont doux et frais comme une Egloghe de Virgile»
«Il piccolo lago d’Iseo non ha nulla di grandioso nell’aspetto e i suoi dintorni sono dolci e freschi come un’egloga di Virgilio» (George Sand, Lucrezia Floriani, traduzione di Marcello Ricardi)
Tra le province di Bergamo e Brescia è incastonato un piccolo gioiello, chiamato lago d’Iseo: spesso messo in ombra dai suoi vicini più famosi, il sesto lago più grande d’Italia è un diamante immerso nel verde della montagna.
Ha una forma a esse, a cui forse deve il suo nome romano Sebino, e rive lungo le quali si susseguono paesi dall’animo orgoglioso. Tra le due sponde sorge Montisola, l’isola lacustre più estesa d’Italia e prima in Europa come altezza sul livello del mare. Spunta proprio lì nel mezzo nel lago, un muro boscoso e altissimo circondato dall’acqua.
Sul cucuzzolo dell’isola montagna c’è il santuario della Madonna della Ceriola, costruito dai primi cristiani perché Dio purificasse l’isola dal paganesimo: terra di fauni e divinità boschive, questa. Il santuario protegge dall’alto le dodici frazioni dell’isola, dove da secoli si tramandano mestieri e tradizioni legate alla pesca e alla navigazione, come l’essiccazione del pesce e la fabbricazione delle reti, intrecciate da abili mani femminili, per cui Montisola è famosa in tutto il mondo (sono fabbricate qui molte delle reti dei campi da calcio italiani). I suoi cantieri navali producono tuttora il naèt, un particolare tipo di imbarcazione simile alla gondola che fu disegnata nel Seicento dall’Archetti, un esule veneziano. Il più giovane maestro d’ascia d’Italia vive oggi a Montisola, ed è un suo discendente!
L’altra attività di Montisola è, ovviamente, il turismo: l’isola è raggiungibile in battello sia dalla sponda bergamasca che da quella bresciana. Noi siamo sbarcati dopo una traversata piuttosto burrascosa e, nonostante o forse grazie alla tempesta inattesa, all’arrivo mi è parso di metter piede in un mondo nuovo, colorato come le facciate delle case che accolgono chi decide di fare un giro da queste parti.
Ho aperto l’articolo con una frase di George Sand, la scrittrice francese che a Montisola soggiornò con i suoi amanti De Musset e Chopin: qui ambientò un romanzo, Lucrezia Floriani, intitolato come la sua protagonista. La bella Lucrezia intrecciava reti, e un conte polacco si innamorò di lei: l’amore è appassionato, il finale tragico (che poi la storia raccontava, in modo neanche troppo velato, la romantica tresca dell’autrice e di Chopin). Alla fine George Sand se ne andò alle Baleari, dove senz’altro il clima era più temperato e adatto al suo corpo delicato.
A Montisola fanno da corollario due isolotti piccoli e verdi, l’isola di Loreto e l’isola di San Paolo. Loreto ospita un castello, costruito sulle mura di un convento di suore, che poi divenne il quartier generale di un frate furfante poi scacciato da San Carlo Borromeo in persona; in cima a San Paolo, invece, troneggia massiccio un monastero cluniacense. Entrambi gli isolotti sono di proprietà privata e cambiano spesso proprietario, in particolare l’isola di Loreto: una leggenda, che finora non è stata smentita, dice che chi la possiede non avrà eredi.
Torniamo sulla terraferma, alla scoperta delle meraviglie nascoste lungo queste rive: la chiesa barocca di San Zenone a Sale Marasino, le cime calcaree delle piramidi delle fate a Zone, le strade di cui Leonardo disegnò le mappe (ora custodite al British Museum), il lastricato romano di Pisogne, il monte Guglielmo via di transito alla Val Trompia, e addirittura quella che si racconta essere una vera impronta di dinosauro (!), sulla via Valeriana.
Ma il posto più incredibile da scoprire, per me, è stato il monastero di San Pietro in Lamosa presso Provaglio d’Iseo, un luogo “che è un peccato lasciare senza averne conosciuto la storia”. Queste sono state le parole di Battista, che ci ha incantato raccontandoci le vicissitudini di questa chiesa. La parte romanica del monastero di San Pietro in Lamosa (ovvero sopra le lame: le pozzanghere, o torbiere, tipiche di queste zone) vide la luce a opera dei monaci benedettini di Cluny nel 1083, sopra i resti di un antico tempio pagano datato intorno al 200 d.C. e dedicato al dio Mitra. Era un luogo di passaggio obbligato, perché qui si trovava un castrum romano, ben abbarbicato alla collina: un punto strategico da cui si aveva il controllo di tutto il lago. Presto i fedeli si resero conto che la chiesa primitiva a tre navate era troppo piccola e nel 1130 aggiunsero due cappelle; il primo di tanti ampliamenti. Ce ne furono altri intorno al 1350, in stile gotico, e nel 1550 quando fu costruita l’ultima cappella rinascimentale con la sua volta a ombrello. San Pietro in Lamosa passò in questi anni dai monaci ai canonici di San Giovanni e divenne nel Seicento chiesa parrocchiale, finchè nel 1790 non fu espropriata da Napoleone. Ci vollero quindi più di cinquecento anni per dare al monastero la sua forma attuale e proprio per questo motivo è oggi patrimonio tutelato e vincolato come chiesa unica nel suo genere, in quanto tutte le epoche storiche vi sono rappresentate così come nella storia si sono succedute, dall’epoca romana fino all’età moderna. Altre piccole meraviglie sono le colonne dell’imponente organo seicentesco, che a guardar bene si rivelano essere due tronchi di ciliegio interi finemente intagliati a mano, e una teca contenente un Cristo deposto risalente al tredicesimo secolo realizzato con un sacchetto di paglia di frumento rivestito di pasta di legno. Il Cristo proviene dall’Egitto o dal Medio Oriente e fu probabilmente portato qui dai crociati dopo chissà quali peripezie.
Questo è un luogo nascosto e magico, in cui si respirano le suggestioni di secoli della nostra storia.
E pensare che dopo la seconda guerra, quando era stato riadattato a roccaforte per la sua posizione strategica, è diventato persino un magazzino della torba: sono stati dei volontari, riuniti nell’associazione Amici del monastero, a ripulire i muri anneriti, a riportare alla luce gli affreschi, a ricostruire il tetto che nel frattempo era crollato. Battista è stato tra coloro che hanno restituito San Pietro in Lamosa alla comunità e oggi ne racconta la storia a chi arriva fin quassù, con competenza e affetto: mentre parla mi rendo conto che la nostra identità è riposta nei luoghi che abitiamo e attraversiamo, nella storia e nella geografia dei nostri territori. Sono innumerevoli le storie incredibili della nostra bella Italia che stanno ad aspettare qualcuno che se ne prenda cura e le tramandi ai viandanti, perché la loro memoria non vada perduta.
Info utili
Per qualsiasi informazione sul lago d’Iseo e i suoi dintorni (trasporti, alberghi, campeggi, ristoranti) potete rivolgervi alle gentilissime ragazze di Iseoholiday – Cooptur, la cooperativa turistica che opera dal 1976 nel comprensorio del Lago d’Iseo, Lago d’Endine, Franciacorta e Valle Camonica. Scrivete a Beatrice all’indirizzo [email protected]!
Un frequente servizio di battelli e motonavi collega Sulzano a Peschiera Maraglio con una traversata di soli 5 minuti.
Se volete fermarvi a Montisola per cena, vi consiglio di provare le specialità del territorio al Castello Oldofredi, a pochi minuti dallo scalo del battello: fonduta di bagoss, casoncelli alla bresciana, filetto di coregone con patate e spinaci. Questa antica dimora medievale offre anche la possibilità di fermarsi a dormire in uno dei suoi 11 appartamenti o in una delle sue 8 camere matrimoniali.