Val di Zoldo, porta nascosta delle Dolomiti

Il Pelmo, detto anche trono di Dio o trono di Attila

Vicino e lontano. Viaggiare è sinonimo di valigie ricolme degli oggetti più disparati per affrontare climi ostili, di ansie, di entusiasmi per culture esotiche. È allora possibile scoprire dei luoghi dietro l’angolo con la stessa emozione, capace di tenerci attenti, di assorbire ogni dettaglio?
Credo di sì e la conferma l’ho avuta andando nella Val di Zoldo.

Partendo da Pordenone sono salito nelle montagne dietro casa, ho percorso strade sinuose attraverso il cuore delle Dolomiti Friulane, dal verde lago di Barcis, su fino alla diga del Vajont e sono disceso, incrociando Longarone, per entrare in una valle nascosta, un recondito angolo di Veneto, fino a Forno di Zoldo.

Terra povera, raccontata nelle pagine di Marco e Mattio, romanzo di Sebastiano Vassalli, di artigiani del ferro, estratto nelle vicine miniere; di carbonai, che producevano il carbone vegetale con il legno di faggio e pino mugo; di gelatai, immigrati in Ungheria, Austria e Germania, da pochi decenni meta turistica grazie ad alcuni impianti da sci. Ora, albergatori, ristoratori, guide alpine e associazioni hanno creato un Consorzio turistico per affermare un viaggiare diverso, rispettoso della ricchezza che abbraccia la valle, le Dolomiti.

Dolomiti, dalla Malga Pramper
Dolomiti, dalla Malga Pramper

Passeggiando per il piccolo abitato di Forno di Zoldo subito colpisce l’aria tersa che riverbera della luce, una luminosità che si respira solo salendo di quota e che avvolge le vette degli Spiz di Mezzodì o della Catena del San Sebastiano, rocce dolomitiche che si stagliano come guardiani della valle. Dalle dolci praterie appena sgomberate dal peso delle grandi nevicate dell’inverno, si innalzano, verticali e imponenti, le rocce nude e scolpite delle cime, segno distintivo delle Dolomiti, riconosciute come Patrimonio dell’Unesco nel 2009. La valle è una porta a due dei nove sistemi che formano l’area considerata come ricchezza ed eredità della specie umana.

Incanto dei primi viaggiatori tedeschi e inglesi, qui si sono composte poesie, sinfonie ed elaborate teorie filosofiche, come quella del sublime che ha forgiato il Romanticismo europeo. Salendo da Zoppè di Cadore fino al Monte Punta, distesi sul prato, con lo sguardo che cerca di nutrirsi dell’arco di rocce che ci circonda, dal Civetta, all’imponente Pelmo, il trono di Dio che si svela piano piano dallo strato di nuvole che lo avvolge, maestosa visione che riecheggia le vette di epici racconti fantasy, si capisce come il paesaggio qui sia fonte costante di ispirazione, capace di zittire e meravigliare.

Il Pelmo, detto anche trono di Dio o trono di Attila
Il Pelmo, detto anche trono di Dio o trono di Attila

La scelta di inserire le Dolomiti tra le eredità da conservare e proteggere nasce dall’unicità geologica e paesaggistica che non ha eguali nel mondo. Grazie al geologo Emiliano Oddone scopro che dove poggiano i miei piedi c’erano atolli e isole tropicali, che in 250 milioni di anni, grazie all’azione congiunta di organismi viventi e spinte telluriche sono diventate montagne. Non è solo sublime paesaggio ma storia vivente. Quello che vedo, calpesto e respiro è un libro antichissimo in continua evoluzione. L’idea del cambiamento, della vastità delle ere geologiche e di quello che la Natura riesce a produrre, stordisce e allo stesso tempo regala una visione del mondo come connessione di mille elementi, una visione sistemica come la chiamano i geologi, i fisici, gli scienziati ambientali e sociali.

Lezione di geologia delle Dolomiti
Lezione di geologia delle Dolomiti

Per secoli gli esseri umani che hanno abitato queste valli hanno saputo vivere in simbiosi con questa rete della vita, sviluppando una solidarietà capace di sfidare anche il carattere burbero e chiuso delle comunità montane. Questo bisogno di equilibrio si avverte scendendo dal Monte Punta, godendo del panorama del prato dove si trova il Mas de Sabe, fienile del ‘500 ed esempio di una struttura, il tabiá, tipica della zona, costruita con una tecnica che si ritrova in tutto l’arco alpino, come nella vicina Sappada, o passeggiando per le strade di Coi e Pecol.

Oggi, grazie a persone come Emiliano o Anna Zaccone, si vuole ricostruire questa visione e così, nel silenzio del bosco di larici che ristora l’animo del cittadino stressato, dopo la riequilibrante fatica delle salite e delle discese, tra tracce di neve dell’inverno e ghiaie dell’alluvione del 1964, sotto delle vette dolomitiche, che paiono osservarmi come antichissime torri di guardia, spunta il Rifugio Bosconero. Riprogettato negli ultimi anni, è un rifugio alpino all’avanguardia, grazie ad un sistema di fitodepurazione attraverso cui si riciclano gli scarti di bagni e cucina, producendo del biogas utilizzato per cucinare cibo che ristora il viandante. L’elettricità è invece prodotta da una mini turbina che sfrutta le acque del torrente a valle.

Una fonte per le mucche al pascolo
Malga Pramper, poco lontano da Forno di Zoldo

Insieme al trekking, alle favole e agli gnomi del bosco, ad un ristorante biologico, in Val di Zoldo si aspira ad un turismo che vuole richiamare le sinergie del passato, raccontando le Dolomiti, dove patrimonio dell’umanità significa educare, grazie alla geologia e la biologia del territorio, alla visione di un sistema interconnesso, di rocce, animali, piante e comunità.

Un turismo che emoziona con lo stormire dei larici che pare il suono della dolce pioggia di aprile, con la luce pura che si mescola all’aria pulita, con la visione di pareti di roccia che assumono il colore del tramonto o quello della luna, ma anche con un messaggio di solidarietà, che seppure in pochi giorni deve essere in grado di trasformare il viaggiatore attraverso un’esperienza di vita.

Prima di lasciare la valle, da una posizione privilegiata, un balcone del piccolo borgo di Fornesighe, sento che già due intense giornate, grazie alle camminate e alle guide che mi hanno accompagnato, sono stati sufficienti ad avvolgermi con una sensazione di novità, non quella che nasce dal consumo che ripaga un attimo soltanto, ma quella che deriva dall’esperienza che incide e dà forma.

Fornesighe, vista di un ramo della Val di Zoldo
Fornesighe, vista di un ramo della Val di Zoldo

 

Info utili

Sul sito del Consorzio turistico della Val di Zoldo puoi trovare tutte le informazioni necessarie per organizzare camminate e percorsi che partono poco lontano da Forno di Zoldo e si innoltrano nelle Dolomiti.

Qui potrai anche pianificare i tuoi pernottamenti, dagli hotel, ai rifugi o ai b&b, nonché scegliere dove mangiare, magari con un occhio di riguardo alla cucina dolomitica e ai ritmi delle stagioni, come “Al Lumin” dove ho mangiato io.

 

 

 

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