La Sardegna è un luogo che vive nel mio immaginario e si nutre di tutti i racconti e dei sospiri di ammirazione che ho sentito negli anni. Il suo essere isola l’ha posta nella mia mappa del mondo come uno spazio lontano, sospeso tra la poca conoscenza della sua antica storia e il desiderio di Mediterraneo, di mare aperto, di terra brulla e aspra che mi colpisce come una dolce nostalgia.
Cogliere l’invito a toccare questa terra anche solo per poco tempo è stato quindi un dovere verso il mio spirito curioso, verso l’amore che provo verso le coste che si bagnano in questo mare, da cui proviene la storia che avvolge il presente.
Arbatax suona già come qualcosa di diverso, di straniero, nome secco e coriaceo come il suo entroterra, esotico e aperto come il suo mare. Pare che questi suoni vengano dall’arabo e che significhino “14”, ad indicare la quattordicesima torre che domina un suo promontorio e che ricorda la storia della Sardegna, fatta dalle principali culture del Mediterraneo, tra cui i Saraceni.
La mia base, dopo aver attraversato l’interno da Cagliari alla provincia dell’Ogliastra, tra colline secche e quasi deserte, a far da contrasto al verde Veneto percorso per arrivare all’aeroporto di Venezia, un resort da cui osservare questa solitaria torre che sembra quasi sfuggire le aride colline per gettarsi nel mare blu.
E’ il mare quello che si cerca appena arrivati, non lo specchio di acqua della mia infanzia, il nord dell’Adriatico, racchiuso e protetto, ma questo blu che si perde all’orizzonte e che arriva su una costa di sassi, grandi come i megaliti delle antiche civiltà, tra palme da dattero ed eucalipti. Sono curioso di tutte le piante ma specialmente degli alberi, magari non ne conosco i nomi però mi piace osservarli e come i templi, le spiagge e i cibi diventano parte delle mie memorie di viaggio. Gli eucalipti mi ricordano la mia esperienza di vita in Australia, quattro anni fa’ e ora si associano anche a questo resort sardo disteso su una collina.
Arbatax Park ricopre 60 ettari del Capo Bellavista e può ospitare 1800 persone, divise in piccole strutture che ricordano le case tipiche delle zone del Mediterraneo che ho visitato, intonacate di bianco e con i tetti poco accennati. Tra piccole viuzze che salgono e scendono lungo la collina si passeggia tra il bianco e il violetto degli oleandri, mentre gli alti eucalipti raccolgono il vento e come degli strumenti lasciano le loro foglie produrre un fruscio che si sente soprattutto la notte, quando è più forte la brezza marina. Si affaccia subito alla mente l’immagine di questi alberi alti e snelli, tra le casupole bianche e poco lontano la linea blu del mare. Basta fare pochi passi per raggiungerlo, si passa un bar, dove rilassarsi e godere il fresco, e si scende verso le spiagge, piccole insenature, dove si può rimanere anche da soli, specie nelle ore più calde, all’ombra di una palma e con la vista nutrita dalle onde che lentamente si fanno strada dal mare aperto verso le rocce.
E’ come vivere dentro un piccolo borgo di mare, dove si concentrano in pochi passi bar, ristoranti e attività di vario tipo. Dalle baie, dopo aver lasciato fluire le cose che se ne dovevano andare nell’acqua salmastra, si può prendere un bus e arrivare in cima al colle, dove si trova un centro termale.
Adoro le saune e i bagni turchi, appena posso ne approfitto per godere del caldo che libera tossine e tensioni ma in estate preferisco una bella camminata in montagna o sdraiarmi in spiaggia. Qui ho cambiato idea, il centro benessere vale anche solo una visita. Tra palme e fiori, con scorci della costa, ci sono delle strutture che richiamano i paesi arabi e sembra proprio di essere in uno di quei bagni termali visti nei film o immaginati leggendo. Dal sale che assorbe e purifica, alle piscine di acqua salata per la thalassoterapia, al percorso kneipp l’offerta è varia e accessibile anche a chi non è ospite del resort.
Si fa sera ed il tramonto lascia la luce pura del giorno, sfumando in toni che aumentano ancora di più la sensazione di pace. E’ come essere altrove, lontani da casa, dall’Italia e da tutto il resto. Non resta che fissare dalla cima della collina il paese di Arbatax colorarsi di luci, mentre il suo interno scivola nel buio della notte e sedersi ad una tavola ricavata dalle pietre squadrate di cui abbonda il paesaggio. Avvolti nella semioscurità della sera ci si lascia coccolare dall’ospitalità sarda, con piatti i cui nomi richiedono continue ripetizioni per essere memorizzati ma il cui sapore non lascia dubbi.
Vorrei assorbire ancora più dettagli, più sensazioni, perché il ritorno non è lontano, così dalla mia camera osservo gli eucalipti e scorgo il buio profondo del mare laggiù in fondo con già la nostalgia. E cos’è la nostalgia però se non il profumo della destinazione?
E’ stato bello condividere tutto questo.
Arbatax e costa dell’Ogliastra, ci rivediamo presto 🙂
p.s. bellissimo post Luca!
Grazie Manuela! Si vede che quest’estate me la sono presa comoda? Ho visto il tuo commento solo ora 🙂
A presto in Sardegna 😀