Avete presente il blocco dello scrittore? Lo sto vivendo proprio in questo momento, mi succede quando ho troppe cose da dire e non riesco a capire da dove sia meglio iniziare. Mi vien voglia di partire a caso, dal mezzo, quindi, così tutto d’un fiato: Vienna è una città che un bambino amerebbe all’istante e un giorno vorrò portarci i miei figli che, mentre scrivo, sono a casa con la nonna perché ancora troppo piccoli. Infatti, questo post lo sto editando con mio marito che mi ronfa accanto, sdraiato sull’erba dello Stadtpark. E questo è uno dei motivi per cui un bimbo a Vienna ci starebbe proprio comodo: ci sono parchi enormi ovunque. E parchi-gioco spettacolari ad ogni angolo, con vasche di sabbia, castelli di legno e corde, e giostre così strane che nemmeno so come si chiamino.
Se fossi una bambina, ad esempio, amerei alla follia la casa di Sissi a Hofburg, e quell’imperatrice-fanciulla con i capelli lunghi infiniti con tutte le sue tavole imbandite e i piatti di porcellana dipinta a mano, le posate d’oro scintillante, i bicchieri tintinnanti. O i suoi vestiti di seta, broccati, i merletti, i veli e i manicotti di ermellino.
E naturalmente, vorrei trascorrere le mie estati nella residenza prediletta degli Asburgo, lo Schloss SchÖnbrunn, affacciandomi da una delle 1441 stanze, per godere della vista sul parco con la maestosa fontana che si staglia sullo fondo. Magari, poi, uscire per una passeggiata e arrivare sulla collina dove si erge la Gloriette, monumento fatto costruire da Maria Teresa per commemorare la vittoria contro le truppe prussiane del 1757, e salire sulla terrazza panoramica.
Oppure fare due passi allo zoo: il Tiergarten. Sì, proprio lo zoo, il più antico d’Europa, con i suoi elefanti, lo scimpanzé, il leone, le zebre, la tigre e gli orsi polari (giuro!). Ecco, magari la grotta dei pipistrelli la eviterei che quei toponi giganti appesi a testa in giù mi fanno una certa impressione, e anche l’ambiente umido e appiccicaticcio me lo risparmio volentieri che già mi tocca subire l’afa estiva della Pianura Padana.
E dato che non sono sola in questo viaggio e con me c’è un marito che è voluto tornar anche lui bambino – si nota che questo weekend l’ha organizzato lui? – abbiamo anche noleggiato le biciclette e, con il bike-sharing più scassato d’Europa, il secondo giorno siamo partiti alla volta del Prater: il parco più grande di Vienna. Un’immensa area verde che contiene un Luna Park permanente con Tagadà, giostre a seggiolini (che noi chiamiamo educatamente “calcinculo”) e otto-volanti così grandi che ci sembrava di essere dei lillipuzziani nel paese dei balocchi. Ma L’attrazione principale è la ruota panoramica da cui si ammira tutta Vienna. La Wiener Riesenrad, inaugurata nel 1897, fu ricostruita nel 1945 dopo l’incendio dovuto ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, e da allora non smette di girare diventando uno dei simboli della città.
Poi ci sarebbe stato il museo dei bambini (chissà che figata!) ma in uno sprazzo di ritrovata “adultità” – si dice? – abbiamo optato per il Belvedere, dove abbiamo ammirato le opere di Klimt, Kokoscka e Schiele. E ci siamo concessi una fetta di torta al bar nel parco, servita da una stizzosissima cameriera. C’è da dire che tra le tante cose positive di questa città, la gentilezza non è proprio al primo posto… Però la pasticceria sì che è famosa e oltre all’immancabile Sacher-torte, si trovano torte alle fragole e al limone, strudel e cioccolate praticamente ovunque, quindi è immancabile una puntatina al Cafè Central nella centralissima zona del Graben.
Per restare in tema cibo, due dritte: lo Stomach in Segassee 26 (fermata della metro Rossauer Lande) è un ambiente rustico, ma minimale, dove servono piatti della tradizione in chiave contemporanea. C’è anche splendido giardinetto interno, ma per trovare posto conviene prenotare; e il Plachutta in Wolzeille, nelle vicinanze dello Stephansdom, dove assaggiare il tradizionale Tafelspitz, il bollito di manzo, oppure come abbiamo fatto noi la Wiener Schintzel, la cotoletta di vitello servita con patate all’aglio (se volete qualche consiglio da chi ci vive andate sul sito: www.theviennesegirl.com).
Per l’ultimo giorno a nostro disposizione, visto che musei ce ne sono davvero tanti –per la precisione un intero quartiere – abbiamo ancora una volta ascoltato la nostra parte bambina e abbiamo scelto il Museo della Tecnica: quattro piani tra vagoni ferroviari, aeromobili, ricostruzioni di equipaggi spaziali, laboratori naturalistici e ogni tipo di diavoleria inventata dal genere umano. Per la prima volta da quando stiamo assieme, la prima ad alzare bandiera bianca sono stata io, mentre mio marito continuava a vagare come una scheggia impazzita da un settore all’altro.
Dopo il pranzo a base di panino con wurstel, Vienna è disseminata di chioschetti, siamo andati all’Hundertwasserhaus un’ incredibile palazzina costruita nel 1985 dal pittore Hundertwasser. Sembra impossibile che questa struttura tutta sbilenca, e ricoperta da improponibili maioliche dai colori fluo, ospitasse delle case popolari. Degna conclusione surreale di un fine settimana all’insegna del divertimento ludico.