Mi è stato chiesto di descrivere la mia città. Un compito arduo, perché da Faenza sono sempre voluta fuggire e, appena compiuta la maggiore età, ho abbandonato il suolo natale. Ora la prospera città manfreda, con la sua quiete e i suoi peccati di gola, non è che il rifugio in cui tornare da lunghi viaggi. Ma devo ammettere che Faenza, e ancor più la Romagna, possiede una ricchezza e uno splendore che va scoperto senza pretese, abbandonati alle correnti del fiume Lamone.
Dalle colline tosco-romagnole, tinteggiate di verde e antichi borghi medievali, tra cui Brisighella, gioiello di vecchie taverne e atmosfere, il Lamone scende nella fertile pianura Padana, fino a Faenza, portando con sé quelle argille che hanno reso la faïence, la ceramica faentina, rinomata in tutto il mondo.
Perché la città, oltre a essere rinomata per il Palio del Niballo, una giostra medievale che esalta la prosperità della signoria manfreda nell’incomparabile corteo storico e l’abilità di sbandieratori e cavalieri che si sfidano nel mese di giugno; oltre alla squadra femminile di pallacanestro, l’HS Penta, per anni in serie A; e al di là della particolare architettura di Piazza del Popolo, della magnificenza dei palazzi del centro (Ferniani, Milzetti, Laderchi), della bellezza dei parchi urbani (Bucci, Tassinari, Mita), della cattedrale, delle chiese e del Teatro Masini, Faenza è riconosciuta dall’Unesco come la capitale mondiale della ceramica.
Non bisogna essere esperti per comprendere la bellezza delle maioliche e delle decorazioni tradizionali (il garofano, la penna di pavone, il melograno) che valorizzano vasi, piatti e sculture e che gli abili tornianti e ceramisti faentini realizzano portando avanti una tradizione millenaria. Visitare il MIC, il Museo Internazionale della Ceramica, è un percorso in cui conoscere i segreti dell’arte ceramica e ammirare artefatti provenienti da epoche e luoghi anche lontani.
E partecipare all’Argillà, tre giorni di festival internazionale della ceramica, consente di entrare in contatto con i più grandi maestri ceramisti di tutto il mondo, addentrarsi nelle botteghe artigiane e scoprire quali tecnologie, processi e creatività hanno plasmato l’argilla.
L’antica Faventia, ricca di storie e leggende, continua a essere luogo di eventi e tradizioni, come la Nott de Bisò, il Mei, il Wam, il C, e ancora gli spettacoli al Teatro Masini, la Cena Itinerante, le notti bianche, i Martedì d’Estate, le prelibate sagre campestri nelle frazioni e comuni limitrofi, le mostre e rassegne in ogni angolo, bar e ristorante della città, nei cinema del centro storico o nella pacata atmosfera dell’Arena Borghese.
Appuntamenti in cui poter incontrare la dulicissima gens manfreda, perché l’attrazione migliore sono i romagnoli stessi, con il loro accento stravagante e il dialetto sboccato, l’ironia e i piaceri della vita, l’arte dell’ospitalità e della buona cucina.
Cappelletti, curzul, passatelli al ragù o in brodo, la mora romagnola e vari tipi di salumi caserecci, piadina e squacquerone, sangiovese e cagnina. Laudi pasti per bocche prelibate da provare negli innumerevoli ristoranti e osterie di Faenza (Zingarò, Marianaza, Sghisa), o agli aperitivi del Ritocchino e del Clandestino, le cene propiziatorie nelle sedi dei cinque rioni cittadini. Unica condizione: dimenticarsi della dieta.
Di fatto in quel di Romagna non ci si annoia mai, perché basta spostarsi di pochi chilometri per incontrare la pace agreste dei campi di grano e delle oasi naturalistiche (Valli di Comacchio, Parco del Carnè, Strada del Sangiovese), i centri termali (Riolo Terme, Fratta e Castrocarro), le grandi città turistiche di Bologna e Ravenna, le notti folli della riviera Romagnola, dove il nostro viaggio tra le correnti del Lamone si conclude, alla foce nei pressi dell’antica capitale bizantina, ma che verrebbe la pena ripercorrere continuamente, perché ciò che ho appreso vivendo lontano da Faenza è che bisogna tornarvi più e più volte per sentire in cuore quel motivetto che dice: “Romagna, Romagna mia, lontan da te non si può star“.
ti sei dimenticata della Toro Rosso
hai ragione! ;p e di tante altri aspetti! Faenza non è conosciuta solo per la ceramica… viaggiando ho scoperto che c’è chi la conosce per la Toro Rosso, chi per l’HS Penta, chi per Tampieri…