Bruxelles e Bruges open air

Finalmente trovo il tempo di raccontarvi del mio week end a Bruxelles (con puntata a Bruges), una città che mi ha sorpreso per l’atmosfera cosmopolita e giovane, ben oltre il suo ruolo incravattato che mi sarei aspettata da una città simbolo dell’Unione Europea.

Premetto che questo week end è stato all’insegna dell’open air e dell’improvvisazione, quindi pochi spazi chiusi e tanti viali!

Partire da Linate sotto l’acqua e col freddo umido di febbraio non è il massimo, ma la curiosità di scoprire ciò che ci aspetta supera ciascun fastidio. Un’ora e mezza di volo (purtroppo pomeridiano) ed eccoci all’aeroporto di Bruxelles, molto moderno e funzionale, da cui prendiamo un treno per la Gare du Midi (2 biglietti solo andata 17 Euro), nei pressi della quale si trova il nostro hotel, scelto nell’offerta del cofanetto Boscolo ricevuto come regalo d’anniversario da parte dei nostri amici, che sanno bene quanto amiamo interrompere la routine con delle fughe improvvisate da due giorni.

Nonostante la pioggia, raggiungiamo a piedi il Marolles, un vecchio quartiere operaio riqualificato, dove si alternano edifici piuttosto fatiscenti a spazi alternativi in cui trovano collocazione splendidi negozi di arredamento e modernariato.

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Rue Blaes vale una piacevole passeggiata fino alla Place du Jeu de Balle, dove nel week end si svolge un mercato delle pulci. Purtroppo quando passiamo di lì tutte le bancarelle se ne stanno andando… Sulla piazza si affacciano alcuni bar caratteristici e delle birrerie, ma preferiamo proseguire, mentre la luce comincia a tramontare, verso il quartiere molto elegante del Sablon.

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Cioccolaterie raffinate e illuminate da sembrare gioiellerie (anche per i prezzi) si alternano a edifici eleganti che ospitano negozi come bomboniere (in particolare degni di menzione i fioristi, un barbiere con bancone da bar e o lo splendido spazio Taschen, dove si respira quel profumo inconfondibile della carta stampata). Poco più sù – sì, Bruxelles è tutta un sali e scendi – visitiamo l’Eglise Notre Dame du Sablon, una chiesa in stile gotico e le cui ampie finestre decorate sicuramente danno il meglio di giorno, quando il sole filtra giocando con i colori. Mentre, come al solito, ci perdiamo col naso all’insù, ci ritroviamo davanti ad un giardinetto delimitato da 48 statue di bronzo che rappresentano personalità del XVI secolo decapitati per aver sfidato il potere spagnolo, in tempi di guerre di religione e lotte per l’indipendenza dagli Asburgo. Le luci colorate che le illuminano rendono piuttosto surreale e scanzonato questo posto. Già, surreale, perché Bruxelles tra le tante cose è la patria del surrealismo, visto che qui ha vissuto Magritte, dove è morto nel 1967.

Allo stesso tempo questa città è anche la patria del fumetto: qui sono nati I puffi, Tintin e molti altri e a quest’arte è dedicato il Museo del Fumetto in rue de Sablon. Ma non l’abbiamo visitato, visto che non siamo patiti del genere avendo così poco tempo a disposizione.

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Torniamo alla visita. Passeggiando per Rue Lebeau e passando in Place de Justice, giungiamo nei pressi della Grand Place, ma prima di farci abbracciare da questo gioiello urbanistico, è d’obbligo una sosta dedicata a uno dei prodotti tipici del Belgio: la birra. Avremmo voluto raggiungere il celebre Delirium, che detiene il record di birre servite, ma visto che non piove più, ci fermiamo nei tavolini all’aperto di Au brasseur, dove ci sono turisti ma anche numerose compagnie local. Non posso resistere alla tentazione di una degustazione da 6, una più buona dell’altra, in particolare le scure, più aromatiche, come La Trappe e la Waterloo. Osservare la fiumana di gente che il sabato sera si riversa nel centro è piacevole, ci dà la sensazione di essere in vacanza davvero.

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Un po’ storditi ci mettiamo alla ricerca di un ristorante, servendoci come al solito di Tripadvisor, ma fatichiamo a trovare un tavolo libero visto che è sabato e pure il weekend di San Valentino. Quando cominciamo a perdere le speranze finalmente riusciamo a prenotare T Kelderke, proprio nella Grand Place.

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Con le luci della sera è un posto suggestivo: vi si accede dagli stretti vicoli che portano il nome dei mestieri e immediatamente si ha la sensazione di essere abbracciati dalla sua eleganza. Oltre al municipio gotico del XV sec., l’unico ad essere sopravvissuto ai bombardamenti francesi del 1695, ci sono i palazzi delle corporazioni del XII – XVIII sec., tra cui gli arcieri, i macellai e i birrai. Statue dorate, frontoni decorati, colonne e applicazioni barocche rendono questa piazza un palcoscenico incantevole.

Il T Kelderke è una taverna con lunghi tavoloni di legno dove si mangiano piatti tipici; provo le celebri Moulles à la bière, le cozze cotte con birra e panna, accompagnate dalle consuete patate fritte. Una curiosità: la Lonely dice che una volta le cozze si mangiavano solo nei mesi il cui nome contenesse la “r”, a testimonianza della loro freschezza. Oggi, essendo coltivate, sono disponibili in ogni momento. Comunque, buone ma non indimenticabili.

Come sempre quando siamo in vacanza, durante il giorno trottiamo così tanto che alle 22 crolliamo e ci perdiamo la vita notturna di Bruxelles…

Domenica, dopo un’abbondante colazione in hotel, in due passi siamo alla Gare du Midi. Approfittando della tariffa week end (2 X 1), con 15 Euro e circa un’ora di viaggio il treno super moderno e silenzioso ci porta nella pittoresca Bruges.

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E’ l’idea che ci siamo fatti delle cittadine medievali: un susseguirsi di facciate a gradoni, tutte colorate e vicoli di ciottoli alternati a canali. La passeggiata verso il centro, ovvero Markt Place, è splendida tra piste ciclabili, ponti, canali, giardinetti e anatroccoli (e tanti turisti).

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Attraverso il Minnewaterpark, dove si trova il “lago dell’amore”, dove nel Medioevo i mercanti sbarcavano le loro merci portate qui attraverso i canali, giungiamo al Begijnhof, il beghinaggio del XIII sec. Negli edifici bianchi che contornano il giardino silenzioso, sospeso nel tempo, vivono le monache di un convento benedettino.

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Il centro, Markt Place, è pullulante di vita e di carrozze trainate da cavalli, bellissima nell’alternarsi di facciate diverse. Qui si trova il simbolo della città, il Belfort, il campanile del XIII sec. da cui si gode di una gran vista su Bruges. Purtroppo la coda per accedervi è infinita e rinunciamo a malincuore a vedere il carillon composto da 47 campane suonate a mano che hanno reso questo luogo Patrimonio dell’Unesco.

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Ci accontentiamo quindi di una passeggiata per i vicoli intorno alla piazza fino all’ora di pranzo, che passiamo al Cambrinus, un tipico pub dove il menù delle birre è alto quanto un volume della Treccani.

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La nostra passeggiata a Bruges prosegue fino al quartiere Sint – Anna, il centro del merletto, dove si possono ammirare due dei quattro mulini a vento ancora ben conservati di Bruges. Vederli per me aveva qualcosa di mitico, un po’ come la lavanda in Provenza o i fari nel Maine, ma onestamente la loro statica monumentalità me li rende paurosi.

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L’itinerario è molto piacevole tra ponti e canali semideserti, in una calma sospesa che riappacifica col mondo.

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Nel ritorno verso la stazione, ci fermiamo per una pausa pipì nel Mc Donald forse più caratteristico che abbia mai visto: ospitato in una tipica casetta a gradoni di Bruges, si sviluppa internamente in altezza attorno alla visibile struttura in legno e vetro.

Tornati a Bruxelles, la serata è caratterizzata da un’altra cena zona Grand Place, anche se il centro è meno animato di sabato.

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Seguendo i numerosi suggerimenti in merito, ci prendiamo una birra al celebre Poechenellekelder, a fianco del buffo (e per me sopravvalutato) Manneken Pis, una piccola statua in bronzo che raffigura un putto che fa pipì (nota tamarra: a secondo della stagione e delle festività, questo simbolo viene vestito con costumi diversi a tema…). Il locale è caratteristico, ricco di oggetti di varia natura appesi ovunque e, come sempre, mille birre… La mia Chimay dei frati trappisti è ottima.

Per cena scegliamo Le Chapellier nell’omonima via, raccolto e piacevole, anche perché chiacchieriamo con il cameriere, albanese che ha vissuto a lungo in Toscana, che ci racconta di come si vive a Bruxelles e alcune curiosità sui Belgi. Proviamo l’altra specialità locale, la carbonade, uno spezzatino cotto nella birra.

Il lunedì sto come un turista non dovrebbe mai sentirsi: febbre, raffreddore e tosse mi rendono l’ultimo giorno a Bruxelles un mezzo inferno, ma non demordo.

Prendiamo la metro (molto carina! Ogni stazione ha un look a sé, che la contraddistingue) direzione Eisel, dove si trova il famoso e omonimo stadio e il parco di Mini-Europe, adatto per i più piccoli. All’uscita dalla metro rimaniamo folgorati dall’Atomium, intrigante ma soprattutto gigantesco! La Lonely Planet pocket che abbiamo preso (e con cui onestamente non ci siamo trovati bene) non ne parla, ma ci sembrava impossibile andarcene via da Bruxelles senza aver visto questo simbolo del Belgio e, allo stesso tempo, di esposizione universale.

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Facciamo una coda di più di un’ora per prendere l’ascensore panoramico fino alla sfera più alta (95 metri), dove si trova anche un ristorante, salita che si rivelerà inutile, visto che a causa del maltempo la splendida vista a 360° di cui si dovrebbe godere è nulla. Molto più interessante è prendere le scale mobili che collegano le varie sfere, con giochi di luce psichedelici che rendono ancora più futuristica questa costruzione. Tra un braccio e l’altro è allestita una mostra temporanea sul design del passato a tema arancione, mentre al sesto livello i bambini possono partecipare a laboratori e giochi guidati.

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Costruito in occasione dell’Esposizione Universale del 1958, l’Atomium, che rappresenta i 9 atomi di un cristallo di ferro, doveva durare solo 6 mesi, ma la sua popolarità e il suo successo ne hanno fatto un simbolo di Bruxelles. E’ alto 102 metri e pesa complessivamente 2.400 tonnellate di acciaio.

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Nel pomeriggio, prima di prendere il volo di ritorno, facciamo un giro nel Quartiere Europeo tra il Parlamento, un edificio a vetri piuttosto pesante, e la Commissione Europea, tante volte visti nei tg. Sinceramente non sento quello spirito di appartenenza che avrei sperato né il meltin pot che mi ero immaginata. In giro solo tanti giovani portaborse affaccendati tra grigi e anonimi edifici bruttini e poliziotti annoiati che fanno ronde a entrate ufficiali. Unica nota interessante del quartiere è il Parc du Cinquantenaire, intorno a cui sorgono numerosi musei, con l’Arcade che accoglie i visitatori, progettato per celebrare il cinquantenario dell’indipendenza del Belgio nel 1880, invece fu terminato nel 1905, provvisoriamente sostituito da un arco in gesso per le celebrazioni (non mi dite che vi ricorda i lavori per Expo 2015…). Dalla cima dell’Arcade, a cui si accede tramite ascensore dal Museo Militare, si gode di una vasta vista sulla città.

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Bruxelles incuriosisce e ciò che abbiamo visto rappresenta il meglio della città open air, ma certamente qui si possono trovare numerosi musei (fondamentale per scegliere è  www.visitbrussels.be, che indica anche eventuali riduzioni ed entrate gratuite). Autoworld, Magritte Museum, Comic Strip Museum, Choco Story e Horta Museum sono quelli che ci siamo ripromessi di visitare la prossima volta che verremo a Bruxelles.

 

 

Dove dormire a Bruxelles

Il Novotel Midi è carino e pulito (le camere troppo calde!), il personale molto gentile, ma poco competente nel fornire consigli su dove mangiare o dove prendere gli autobus.

Dove mangiare e bere le ottime birre locali a Bruxelles

Au Brasseur, Rue de chapeliers 9. Il locale è molto turistico, ma sedersi in uno dei tavolini del dehors e osservare il flusso continuo di gente mentre si sorseggia una degustazione da 6 birre è uno dei piaceri di Bruxelles. Ottima per me la Waterloo. Peccato non sia possibile spiluccare qualche piatto veloce.

Poechenellekelder, Rue du Chene 5. Il locale è molto carino, pieno di ornamenti alle pareti, oggetti vintage che contribuiscono a creare un clima particolare. La birra, di mille tipi, è come al solito buona. Il cameriere poco disponibile nello spiegarci come scegliere la birra più adatta ai nostri gusti.

T Kelderke, Grand Place 15. Premetto che questa è la prima volta che provo la cucina tipica belga, quindi il mio giudizio potrebbe essere viziato. Pochi tavoli di legno in una sorta di taverna nella Grand Place lo rendono molto intimo e caratteristico. L’attesa non è lunga perché c’è ricambio piuttosto rapido. Abbiamo mangiato una zuppa di cipolle (mediocre), crocchette di formaggio, moulle à la bière (niente di che) e moulle à la provençale (ottime), due birre. Totale 78 euro, piuttosto caro ma giustificato dalla magnifica posizione del locale.

Les Chapeliers, Rue des Chapeliers 1. Il locale è accogliente, così come il cameriere, molto gentile e alla mano, che ci fa sentire a casa. Il cibo, considerando che la cucina belga è a mio avviso davvero poco stimolante, va bene: sia la carbonade (ma è la prima che mangiamo, non abbiamo paragoni) sia il salmone con le verdure. La posizione, vicino alla Grand Place, fa sì che il conto non sia economico, ma comunque in linea con gli altri ristoranti della zona.

 

 

 

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Insegnante di mestiere, giornalista, lettrice e viaggiatrice per passione. Ama il sole, il buon vino, il cibo cucinato con amore, i libri quelli che “ne leggi solo una pagina altrimenti finiscono subito”, gli animali, in particolare il suo Olly. E' curiosa di tutto ciò che è nuova tecnologia e innovazione e di ogni realtà che sia evocativa di un mondo che non c’è. In perenne e precario equilibrio tra passato e futuro. Jeeper e harleysta per amore.

3 Commenti

  1. Bellissimo reportage, come sempre. Mai avrei pensato che Bruxelles potesse essere così interessante ma le parole magiche di Barbara mi hanno fatto ricredere! Ma la vera chicca di questo weekend è stata la meravigliosa scatola di cioccolatini che Barbara e Lorenzo mi hanno portato; un’esperienza indimenticabile …. Alla prossima, Barbara: sei grande!

  2. Da brussellese acquisita aggiungerei al tuo elenco una visita alla cattedrale dedicata a San Michele e Santa Gudula, soprattutto se vi piacciono le vetrate molto decorate, il Parlamentarium (lì secondo me si sente molto l’aria europea :D) e poi, visto che ormai siete in zona, un cartoccio di frites da Maison Antoine, la friggitoria più nota e apprezzata della città. C’è sempre una bella fila da fare ma niente è più bruxelloise di un cartoccio preso lì 😀

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